Demetrio Albertini si candida alla guida del calcio itlaiano. Può essere lui l’uomo giusto per il rilancio?
Demetrio Albertini ha deciso di rompere gli indugi e di candidarsi alla guida della Figc. L’ex regista rossonero dopo gli anni passati in Federazione sembra risoluto ad affrontare una elezione che non si preannuncia facile, come del resto da lui ammesso. A pesare paradossalmente potrebbe essere proprio il suo passato sul campo, sgradito a qualche dirigente di club (Barbara Berlusconi?) che con ogni probabilità vorrebbe avere un politico da poter manovrare a proprio piacimento.
Sembra difficile capire se Albertini possa essere l’uomo giusto per il rilancio di un calcio italiano uscito con le ossa a pezzi dalla kermesse iridata, tanto da ipotizzare l’avvento di Antonio Conte sulla panchina della nazionale per ripartire immediatamente. Anni e anni di errori clamorosi si sono riversati sull’avventura brasiliana, mettendo a nudo le ormai evidenti carenze organizzative di uno sport che non riesce più a proporre soluzioni in grado di riportare il calcio italiano agli splendori di qualche anno prima. Un calcio che peraltro vede riproporsi personaggi che possono essere considerati l’emblema degli errori di questi anni, in base a logiche gattopardesche che suonano come una vera beffa.
C’è però un punto su cui Albertini ha puntato molto nelle interviste sin qui rilasciate, quello di volersi proporre come l’uomo del cambiamento. Se infatti la risposta alla crisi in atto dovesse concretizzarsi in un personaggio funzionale al passato, il calcio italiano correrebbe il rischio di condannarsi ad una ulteriore marginalità. Proprio Albertini indica nella Germania campione del mondo il modello da prendere come punto di riferimento, adattandolo magari alle peculiarità del nostro paese. Un auspicio sicuramente da condividere.
Per capire le notevoli differenze tra Germania e Italia, basta del resto un semplice dato: nel nostro paese i giocatori stranieri sono il 65% del totale, in Germania il 34%. Un dato che spiega l’abbondanza di materiale tra cui pescare per fare una selezione nazionale in grado di tenere alto il nome del paese rappresentato. Nel nostro paese non si è fatto nulla per invertire una tendenza deleteria, preferendo importare dal’estero piuttosto che puntare sui vivai, nascondendo il tutto dietro il pretesto della legislazione europea. Una legislazione che per inciso vale anche per la Germania, ove però i giocatori locali trovano quegli spazi che da noi sono sempre più preclusi agli indigeni. Coi risultati che sono sotto gli occhi di tutti.